Category Archive Festival del Lavoro 2017

“SAPERE PER ESSERE”: UN DIZIONARIO PER GUARDARE IN FACCIA LA VITA

Il “life coaching”, termine inglese che ripropone in chiave contemporanea uno dei generi librari di maggior successo dopo l’invenzione della stampa, è stato uno temi culturali che ha animato, con grande successo di pubblico, la giornata inaugurale del Festival del Lavoro 2017 al Centro Congressi Lingotto.

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MAURO BERRUTO: IL LIFE COACHING? L’ARTE DI INSEGNARE AD ENTUSIAMARSI

Mauro Berruto, torinese, 48 anni, laureato in Filosofia, grande allenatore di volley: ha portato la Nazionale italiana maschile ai vertici mondiali di questo sport dal 2010 al 2015 creando non soltanto un squadra ma un gruppo di uomini, prima che di atleti. Insegnare l’impegno intelligente per la crescita personale al servizio del collettivo il segreto del suo successo: una caratteristica che gli ha fatto meritare il titolo di “life coach” dopo quello di sportivo di altissimo profilo culturale.

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GIOCARSI TUTTO, E PERDERE TUTTO

Il nome colto “ludopatia” è espressione della necessità di guardare con occhio scientifico dentro l’abisso di una dipendenza patologica di sicuro non recente: quella del gioco d’azzardo. Quel nome freddo non riesce tuttavia a rendere sfumati i contorni di quell’abisso esistenziale capace di sconvolgere la vita di chi è malato ma anche di tutti quelli che gli stanno vicino e gli vogliono bene. Anzi, quel nome sembra coniato ad arte per chiarire che sintomi e decorsi di quella malattia sono capaci di annichilire più che danneggiare.

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Post Festival. Intervista a Luigi Galante- Emea Manufacturing Head of Premium Brands

Come è cambiata la prospettiva imprenditoriale negli ultimi 10 anni, anche alla luce delle nuove tecnologie?
Fare impresa oggi richiede forse meno capitale che nel passato. Di certo il valore è molto più nelle idee e nella capacità di saperle realizzare. Torino, in particolare, è un serbatoio ideale di innovazione, perché qui operano e collaborano le nostre fabbriche, i nostri team di progetto, il nostro WCM Development Center le nostre strutture di ricerca e sviluppo (primo fra tutti il CENTRO RICERCHE FIAT), insieme con centri di eccellenza pubblici e privati come il Politecnico, il suo incubatore di startup, e lo IED.
Oggi però il modo di fare innovazione è cambiato, ha sempre più valore l’interdisciplinarità, ovvero la capacità di saper cogliere spunti che arrivano da ambiti apparentemente molto diversi. L’innovazione verticale, cosiddetta “chiusa”, che ha caratterizzato il recente passato, non è più vincente: è più lenta, e non raggiunge gli stessi risultati. Il paradigma per cui la R&D pensa, l’ingegneria sviluppa soluzioni e la produzione esegue è assolutamente superato. Questi mondi si devono integrare, devono alimentarsi reciprocamente e rinnovarsi in continuo e in parallelo. Oggi tutto è più vicino: le possibilità offerte dalla globalizzazione e dalle nuove tecnologie aprono infinite possibilità. Sta a noi scoprirle. E non è più un compito degli “specialisti”. È un compito di tutti.

Comodità, funzionalità, “responsività”: tre caratteristiche che sembrano in contraddizione apparente con l’estetica e il design. Maserati è però un marchio virtuoso per la fusione di questi aspetti. Quali riflessioni è possibile fare?
L’automobile è uno dei prodotti più complessi e affascinanti che si possano progettare e produrre. L’auto ha in sé meccanica, elettronica, nuovi materiali, telematica, ergonomia… è un “melting pot” di competenze molto lontane tra loro, che si devono integrare e armonizzare. La sfida di Maserati è stata proprio quella di riuscire a valorizzare ognuno di questi aspetti e saperli integrare. Per fare questo abbiamo valorizzato le nostre radici. Dal nostro passato abbiamo attinto stile, design, la straordinaria forza del marchio che è sempre stato sinonimo di sportività ed eleganza allo stesso tempo. Maserati oggi si è saputa costruire una sua identità unica nel panorama delle auto premium. E non è un caso che oggi Maserati Ghibli, Quattroporte e Levante sono prodotte a Torino; la vocazione manifatturiera di questa città significa, competenza, storia e appartenenza.

Imprenditoria 4.0 e professioni del futuro: quali approdi e orizzonti offre oggi il vostro settore? E che investimenti – di risorse e culturali – è possibile immaginare anche dal punto di vista delle strategie di comunicazione?
Sicuramente il momento è molto fertile e le opportunità che offrono le nuove tecnologie sono tante e molto interessanti. Ma naturalmente per saperle cogliere è necessario costruire un terreno fertile. La sfida non è solo tecnologica. Un approccio serio sullo sviluppo delle persone e change management è obbligatorio per creare le basi del cambiamento. L’uomo mantiene un ruolo fondamentale, rimane il driver del cambiamento. Servono capacità di governo di questi nuovi sistemi unite a capacità di gestione dei processi. L’esperienza del singolo rimarrà fondamentale e si deve fondere con know-how progettuale e competenza tecnologica. Nascono nuovi ruoli e nuove responsabilità. L’organizzazione della fabbrica cresce insieme al prodotto – e a chi produce…E Torino in tutto questo? La sua storia, il suo know-how e il suo territorio costituiscono grandi opportunità – ma forse non sempre i torinesi ne sono consapevoli. Torino è una città di qualità, e attenta alla qualità. Lo si vede nei campi più diversi: dal gusto ai libri, dall’ospitalità alla cultura. Una città che cerca in tutto la stessa cura che noi mettiamo nelle nostre auto.

Villaggio Leumann: sviluppo industriale e sviluppo sociale

La grande industria non è mai stata a misura d’uomo. Già tra fine ‘800 e inizio ‘900, periodo di grande sviluppo, l’Italia vedeva il passaggio dalle piccole officine ai grandi stabilimenti, dall’artigianato alla vera e propria produzione industriale. Gli spazi, le quantità prodotte, il numero dei lavoratori: tutto era in crescita. Dalla dimensione della comunità si passava a quella, estesa e dispersiva, della città in espansione. Un’eccezione notevole a questa regola è rappresentata dal Villaggio Leumann di Collegno. Un tentativo pioneristico (siamo nel 1875) di conciliare sviluppo industriale e sviluppo sociale, produzione e benessere. Sorto accanto al cotonificio per volere dell’omonimo imprenditore di origine svizzera, si tratta a tutti gli effetti di un “villaggio”: ben più di un quartiere dunque, in cui sono presenti, oltre alle villette ad uso residenziale per operari e impiegati, una scuola, un asilo, una chiesa, uno spaccio alimentare, un teatro, l’ufficio postale. Il tutto progettato nello stile che, forse dopo il barocco, meglio rappresenta la cifra architettonica di Torino: il liberty. A questo si affiancava un intero sistema assistenziale (educazione, assistenza medica, pensione) promosso dall’impresa per i lavoratori che ha accompagnato lo sviluppo dell’azienda fino alla sua graduale dismissione a partire dagli anni ’70. Un paese in miniatura che oggi, circondato nel frattempo dall’espansione urbana, colpisce ancora di più per la sua peculiarità, mostrando le potenzialità di un’idea di sviluppo industriale e sociale coraggiosa e, forse, troppo poco seguita. A misura d’uomo appunto.

I luoghi della rinascita. Recuperare per cambiare

A volte alcuni luoghi hanno diverse vite. Progettati e vissuti per una funzione, divengono, nel corso del tempo, qualcosa di totalmente altro, senza però cambiare del tutto. Una delle esperienze più interessanti a questo proposito è la riconversione di luoghi industriali. Non sempre è possibile recuperare i grandi complessi produttivi, specie in una città come Torino, dove la loro estensione era, ed è tutt’ora, notevolissima. A volte però le caratteristiche proprie dell’architettura industriale – grandi spazi, luminosità, adattabilità delle superfici – vengono a combaciare perfettamente con le esigenze di luoghi espositivi e museali. Uno dei primi esempi in città è rappresentato dalla Fondazione Merz, un centro di arte contemporanea inaugurato nel 2005 nell’ex centrale termica delle officine Lancia di Borgo San Paolo. Le grandi vetrate, che permettono l’illuminazione della sala espositiva, restano a testimoniare il passato dell’edificio. Più recente è invece il Museo Ettore Fico, inaugurato nel 2004 negli ex stabilimenti della Incet di via Cigna. In un quartiere interessato da una profonda trasformazione, il museo svolge la funzione di polo di tutta una serie di gallerie e laboratori artistici in crescente sviluppo. Un ultimo interessante caso di riconversione è quello delle Officine Grandi Riparazioni. Un tempo adibite alla manutenzione dei veicoli ferroviari, questo enorme complesso industriale è interessato da alcuni anni da un importante progetto di riqualificazione. Sede di alcuni eventi in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità d’Italia, il cuore delle OGR sta per riaprire al pubblico cittadino (la data prevista è il 30 settembre): diverrà un luogo di cultura a 360°, tra musica, arti visive, arti plastiche e architettura. Una seconda vita per dei luoghi simbolo della Torino industriale.

Docks Dora. Fascino di inizio secolo

In un quartiere in piena trasformazione come Barriera di Milano, in una via appartata, quasi nascosto, sorge un complesso architettonico di grande fascino: i Docks Dora. Costruiti nel 1912 in quella che all’epoca era la cinta daziaria della città, collegati alla ferrovia e vicini alle grandi fabbriche, i Docks fungevano da magazzino di stoccaggio delle merci. La struttura è composta da una serie di edifici di due piani in calcestruzzo armato, ma l’elemento architettonico di maggior rilievo è senz’altro l’ingresso di via Valprato, dotato di portineria e sovrastato da un’elegante velario che, grazie alla sua particolare struttura, è in grado di illuminare efficacemente la zona di ingresso dei magazzini. Dopo essere stati dismessi, i Docks sono oggi occupati da uffici, locali e ristoranti: un luogo che conserva il fascino di inizio secolo.

Torino, gli artigiani di domani: FabLab

A Torino, all’interno di una ex-fonderia di inizio ‘900, sorge un luogo in cui si costruisce il lavoro di domani. Si tratta del FabLab Torino, un’associazione e uno spazio di incontro, produzione e creatività legato al mondo della fabbricazione digitale. “I nostri associati, circa 300, dopo un breve workshop di formazione possono utilizzare nei nostri spazi una serie di macchinari all’avanguardia, dalle frese laser alle stampanti 3D” spiega Fabrizio Alessio, membro del direttivo di FabLab. Qui si incontrano professionisti, studenti, ricercatori, e ci sono anche collaborazioni con importanti aziende, ma molti dei veterani non nascondono il fatto che sia una passione nata molto presto. “ Abbiamo una visione della tecnologia fuori dai soliti schemi. Qua, spesso, tutto è partito dal basso, dall’autoformazione. Da smanettoni autodidatti siamo diventati sviluppatori di domotica o esperti di fabbricazione digitale”. Osservando gli spazi di lavoro si intuisce che sono vissuti quasi a tempo pieno e il contatto e lo scambio di idee, spesso non programmato, è uno dei punti di forza del progetto. “Crediamo molto nell’idea di condivisione, dall’utilizzo dei programmi opensource all’implementazione del settore formazione. Le persone che attraversano questo spazio stanno creando una vera e propria community” conclude Fabrizio. Innovazione e condivisione: gli strumenti dei nuovi artigiani digitali.

Torino in punta di penna

Per gli amanti della lettura Torino è una città imprescindibile: dalla grande editoria al Salone del Libro sono tantissimi i nomi e gli eventi che hanno legato la nostra città e i bibliofili di tutto il mondo. Meno noto, invece, è il fatto che, per ironia della sorte, nelle vicinanze di Torino si trovi il più importante polo industriale italiano della penna. Lo strumento che tutti conosciamo, che forse usiamo un po’ meno da qualche anno, con l’arrivo dei programmi di scrittura digitale, ha una vera e propria casa a Settimo Torinese e nella zona industriale limitrofa. A partire dall’inizio del Novecento in quest’area ha iniziato a svilupparsi un’intera filiera di produzione, spesso nata da piccole o piccolissime aziende a conduzione famigliare.
Fino agli anni 80 da Settimo uscivano ancora 8 milioni di penne al giorno. Negli ultimi anni la globalizzazione ha imposto un cambiamento e aziende di quest’area hanno puntato sul made in Italy, specializzandosi soprattutto su una gamma medio-alta di prodotti, per contrastare la concorrenza asiatica. Le innovazioni e l’attenzione al design hanno caratterizzato l’intera storia di questo settore. Uno dei nomi che più rappresenta questi aspetti è senz’altro Aurora: con una storia centenaria quest’azienda ha segnato l’educazione di un’intera generazione di scolari. Gli smartphone erano ancora di là da venire, ma un cambiamento epocale per quegli anni fu l’avvento della penna stilografica. Niente più pennino e calamaio, la mitica Auretta, con la sua cartuccia sostituibile, entrò nei portapenne di tutti i bambini degli anni ’60 e ’70, segnando uno dei tanti cambiamenti che ha caratterizzato la generazione dei baby boomers. Oggi questa importante tradizione è portata avanti anche grazie all’@officinadellascrittura: non solo museo aziendale ma vero e proprio luogo di trasmissione della capacità umana di comunicare, di scrivere e di fare cultura.

Da Torino allo spazio: Argotec

Lo spazio e le stelle non sono così lontane da Torino. La nostra città infatti ha una lunga storia di aziende che si sono occupate, in vari settori, del più avventuroso progetto umano: l’esplorazione spaziale. Una delle più innovative realtà del settore è Argotec, un’azienda aerospaziale con sede a Torino che, come il suo nome lascia intendere, si ispira alle gesta di Giasone e dei suoi argonauti alla ricerca del vello d’oro. La stessa passione dell’eroe greco anima oggi i progetti dei giovani ricercatori che compongono i team di Argotec, dove l’età media spesso non supera i 29 anni. Un gruppo di lavoro che unisce competenze diverse, ingegneria e informatica soprattutto, occupandosi di vari aspetti del complesso mondo della vita nello spazio: dallo sviluppo di microsatelliti alla realizzazione di un sistema per il controllo in tempo reale della telemetria utilizzato in vari centri spaziali. Argotec si occupa inoltre di preparare e addestrare gli astronauti italiani, come gli ormai famosi Luca Palmitano e Samantha Cristoforetti, in quelle che saranno le attività quotidiane a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Ma l’attività forse più curiosa di Argotec è il cosiddetto Space Food Lab. In questo laboratorio si sviluppano i cibi che verranno consumati dagli astronauti della ISS, provando a coniugare la passione italiana per la cucina e le più avanzate tecnologie. Una vera e propria cucina dello spazio che rappresenta un elemento fondamentale, soprattutto per le missioni di lunga durata. Innovazioni, ricerca, sviluppo che, sempre più spesso, trovano applicazioni pratiche qui sulla Terra, riportando vicino a noi le più avanzate tecnologie di oggi. Da Torino allo spazio, e ritorno