Torino e le sue eccellenze. La fucina dei Nobel

Torino e le sue eccellenze. La fucina dei Nobel

A volte gli allievi superano anche i più grandi maestri. Si può descrivere così, con uno slogan, la storia che lega i tre premi Nobel torinesi per la medicina. Stiamo parlandi di alcuni tra i più grandi scienziati del ‘900: Salvatore Luria, Renato Dulbecco e Rita Levi-Montalcini. Ciò che li lega non è solamente la loro comune origine torinese. Tutti e tre, infatti, hanno svolto gran parte del loro lavoro tra Italia e Stati Uniti dove, grazie anche a risorse più consistenti, hanno potuto portare avanti le loro ricerche. A loro dobbiamo importanti scoperte nel campo della genetica e della virologia, ad esempio sulla struttura genetica dei virus (Luria), sulle interazioni dei virus tumorali (Dulbecco) e sull’individuazione dei fattori di crescita cellulare (Levi-Montalcini). Meno noto, forse, è invece ciò che accomuna la formazione dei tre premi Nobel. Tutti e tre hanno infatti avuto un comune maestro. Mossero i primi passi da scienziati nel periodo tra le due guerre mondiali, in una Torino sotto la cappa del fascismo, dove erano pochi i piccoli orticelli di libero sapere che resistevano. Tra questi spiccava il laboratorio di Giuseppe Levi, professore di anatomia, di cui ci si ricorda anche per un bellissimo ritratto che ne ha dato sua figlia Natalia Ginzburg in Lessico famigliare. In quel laboratorio, i tre giovani entrarono in contatto per la prima volta con la ricerca medica. Nel giro di qualche anno arriveranno a superare, per fama e risultati, il loro primo maestro: del quale tutti e tre spesero parole di riconoscenza nelle loro biografie.
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