“Qui non c’è il mare” cantava qualche anno fa, con ironica malinconia, una band torinese. Senza mare – a questo dobbiamo rassegnarci – ma con qualcosa di straordinariamente simile a un tipico porto mediterraneo. Un luogo in cui si mescolano i colori di Marsiglia, i suoni di Napoli e i sapori di Tunisi. Si tratta di Porta Palazzo (o Porta Pila per molti torinesi), vero e proprio approdo cittadino per le varie ondate di migranti arrivati nel corso dei decenni da ogni parte del mondo: dal sud Italia nel dopoguerra, poi dal Maghreb e dal nord Africa e, più recentemente, dall’Asia, soprattutto dalla Cina. Un melting pot in cui tradizioni e culture diverse si mescolano influenzandosi vicendevolmente. Così come la piazza stessa (denominata Piazza della Repubblica dopo il Referendum del ’46) in cui, all’interno del grande spazio ottagonale, convivono l’eleganza di palazzi e porticati juvarriani (recentemente restaurati) e la struttura in metallo e vetro della tettoia dell’orologio, che ospita parte del grande mercato. È infatti quest’ultimo la vera e propria calamita della piazza, il mercato all’aperto più grande d’Europa con quasi 800 punti vendita tra alimentari, ortofrutta, abbigliamento e quant’altro. Un appuntamento quotidiano che permette, in pochi passi, di fare letteralmente il giro del mondo, affiancato, il sabato, dal vicino mercato delle pulci del Balon, in cui passeggiare nel tempo tra ogni tipo di merce usata o d’antiquariato. Il grande porto cittadino, dove giungere e da dove partire.